«Di mio fratello avevo solo una foto da piccolissimo e il braccialetto identificativo che gli avevano messo in ospedale alla nascita. Nulla di più. Per il resto era nella mia testa, un pensiero che non andava via ma che per molti anni non ho avuto l’energia di affrontare, presa con ero dai miei mille problemi».
Dèsirèe Cognetti, volontaria di Agevolando a Torino, oggi ha 35 anni. Ne aveva dodici quando sua madre partorì Zackaria, figlio di un altro padre: «La mamma, che aveva problemi di tossicodipendenza, venne a mancare quando lui aveva solo otto mesi. Prima finimmo io da alcuni zii e lui da altri parenti, poi in due comunità diverse. Fatto sta che dopo qualche anno lui venne adottato da una famiglia e persi le sue tracce. Allora la legge era molto rigida, non consentiva di far mantenere ai fratelli una relazione».
La speranza di ritrovarlo, Dèsirèe, non l’hai mai persa: «Nonostante lo scorrere del tempo, l’idea di lui non mi ha abbandonata un secondo. Ma non me la sentivo di smuovere mari e monti e piombare nella sua vita all’improvviso, credevo che la strada più giusta fosse quella della delicatezza. Così ho deciso di mettermi a scrivere». Da quel viaggio autobiografico a ritroso è nato, per DeA Planeta, il libro «Una storia che parla di te» (venerdì 27 novembre alle ore 17, insieme a Federico Zullo, verrà presentato in diretta Youtube dal canale della Biblioteca popolare giardino di Ferrara*) che per Dèsirèe ha significato guardarsi indietro e dentro, affrontare diversi punti oscuri del suo passato, accettare ed elaborare il dolore dell’abbandono ma anche riuscire a vedere un po’ di bellezza e positività: «Il libro è stato davvero una terapia. Al tempo stesso, speravo che una volta compiuti 18 anni, Zackaria mi avrebbe cercata. Con il libro davanti, avrebbe potuto scegliere se andare o meno a caccia delle risposte alle sue domande. Immaginavo, infatti, che potesse essere impaurito e titubante. Il mio obiettivo non era certo quello di forzarlo».
Ma durante un’intervista in tv sul libro, una collega di Zackaria lo riconosce nelle parole di Dèsirèe: «Il giorno dopo mi è arrivato un suo messaggio su Messenger. Mi è preso quasi un colpo. Io, oltretutto, scorrendo tutte i profili di quelli che hanno il suo nome, il suo l’avevo intravisto. Ma mi aveva ingannato il fatto che vivesse a Londra, dove in realtà abita tutt’ora». In un bar di Bra, in Piemonte, nel dicembre dello scorso anno, a 48 ore dall’intervista, Dèsirèe e Zackaria si rivedono dopo poco meno di vent’anni di lontananza: «Lui è arrivato chiamandomi “sorellona” e io ero già un fiume di lacrime. Quel giorno ho scoperto che non aveva mai visto il volto di nostra madre e che aveva molto sofferto per quel pezzo di passato che gli mancava, per l’abbandono, per gli anni in comunità».
Oggi i due fratelli si sentono, si scrivono, sanno che uno c’è per l’altra e viceversa: «Il legame è forte ed è inutile far finta che non esista. Chiaramente le cose non vanno forzate. Cercarci deve venire spontaneo e naturale, solo così ha un senso. Io so di poter contare su di lui e lui sa lo stesso di me. Per il resto, credo che la felicità che mi ha regalato averlo trovato non possa essere descritta. Ho aspettato anni per trovare un editore, forse il libro doveva uscire proprio quando poi è uscito. Se mio fratello non fosse stato in Italia per quei pochi mesi in cui era, casualmente, rientrato da Londra, oggi sarei ancora qui a cercarlo».
*L’incontro rientra nella rassegna #primaleggopoiparlo organizzata da Cidas e «Tutori nel tempo».
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