Il bullismo è un problema molto sentito e non sempre gli insegnanti riescono ad intervenire. Per il futuro i viaggi e la realizzazione professionale vengono prima della ricchezza
Il 77,4% degli adolescenti dell’Emilia-Romagna associa l’ansia alla scuola, seguita dall’insicurezza (48,9%) e dalla tristezza (33,3%). Quello che emerge dal terzo report regionale sui ragazzi intitolato “Tra presente e futuro. Essere adolescenti in Emilia-Romagna nel 2022” che ha coinvolto oltre 15mila studenti tra gli 11 e i 19 anni è un rapporto preoccupante tra i giovani e l’istituzione scolastica. Il 68,2% degli adolescenti ritiene che lo stress influisce sulla loro salute, mentre il 27,2% dei giovani richiede un supporto psicologico a causa di questo disagio. Per quanto riguarda l’attività fisica e il tempo libero, più della metà dei ragazzi trascorre oltre quattro ore al giorno davanti ad uno schermo e il 45% degli intervistati pratica sport per più di 4 ore alla settimana, rimane invece la preoccupazione per il 26% di giovani che non pratica alcuna attività sportiva.
Si legge nel documento (potete scaricarlo qui): “Dalle interviste esce un ritratto di gruppo di adolescenti che denunciano effettivamente un significativo grado di malessere e di disagio di cui soffrono, ma al tempo stesso attraverso le loro risposte fanno capire quanto siano anche competenti e consapevoli dei problemi strutturali che attanagliano la nostra società, i loro amici un poco più grandi e le loro famiglie. Non sembrano avere problemi “esistenziali” o di generico malessere da lockdown, ma mostrano di temere un mondo esterno vissuto come ostile”. La presenza e la frequenza dei sentimenti di rabbia e tristezza secondo i ricercatori si possono sicuramente attribuire al verificarsi a scuola di prese in giro e comportamenti di esclusioni da parte dei compagni: chi è più arrabbiato e triste subisce queste prepotenze in modo più opprimente, anche se non esattamente coincidente con la gravità dell’atto. Sempre secondo quanto si legge nel documento, gli insegnanti sono visti in modo diverso dagli studenti. Chi non ha mai subito episodi di bullismo ritiene in linea generale adeguato il modo in cui intervengono. Le vittime però non la pensano sempre così e ritiene i professori non sempre capaci di farsi carico di queste situazioni. “Dopo molti anni di interventi nelle scuole sul bullismo questo risultato segnala la necessità di colmare una lacuna che si è venuta a creare fra la dimensione teorica di cosa si dovrebbe fare e quella pratica dell’agire concreto, e in modo efficace”, scrivono i ricercatori.
Questa una delle citazioni riportate:
Sono una ragazza che dalla quarta elementare veniva bullizzata e cyberbullizzata, ora (medie) sto vivendo una situazione che nessuno di voi si può immaginare, ai miei genitori non importa minimamente di come stia, mi vengono attacchi di panico, mi vengono dei momenti in cui voglio farla finita e la scuola ti fa pressione di continuo, finché tu non pensi basta non ce la faccio più voglio farla finita. In Italia evidentemente argomenti come: bullismo, abusi sessuali ecc. non vengono trattati abbastanza»
Succede spesso, come risulta dai dati riportati nei grafici a seguire, che insegnanti e adulti in genere, colludano involontariamente con i comportamenti prevaricatori, magari banalizzando quelli ritenuti lievi o facendo interventi blandi e di scarso significato simbolico.
Si legge nel rapporto regionale: “È indispensabile quindi che gli adulti responsabili delle istituzioni che si occupano di adolescenti siano disponibili a mettere al centro della dimensione pedagogica il riconoscimento di sé e dell’altro da sé, la consapevolezza che le proprie azioni hanno necessariamente degli effetti, sulle persone e sulle cose, l’idea che la collettività non è una cosa astratta e vuota di significato ma che esiste e va manutenuta. E tutto questo è indispensabile, e urgente”.
Per quanto riguarda il loro futuro, i ragazzi sembrano piuttosto concreti: il campione dei 15.023 adolescenti intervistati, evidenzia in modo generalizzato la ricerca di un lavoro che offra prima di tutto stabilità economica (89,5%) e soddisfazione personale (89,2%). Solo il 20% cerca “la fama” dalla proprio professione e “diventare ricchi” interessa a poco più della metà dei ragazzi (50,7%) che preferiscono avere potere decisionale (52,9%). Dati che sono alla pari, se non inferiori alla speranza di avere una posizione professionale corrispondente agli studi fatti (51%) e viaggiare (53,9%). Molto interessante il dato che vede il 66,3% dei ragazzi avere aspettative lavorative di acquisizione di conoscenze e di competenze. La possibilità che un lavoro permetta di imparare è attestazione di consapevolezza e responsabilità. La capacità di sperare che esista un tempo futuro in cui si potrà realizzare il proprio progetto professionale rappresenta per l’adolescente il requisito per riuscire a impegnarsi con fiducia nelle attività scolastiche ed extrascolastiche.
Infine emerge quanto la fiducia nella famiglia e nei genitori sia un fattore di stimolo e di fiducia nel nutrire aspettative sul futuro. In altri termini, più si vive con genitori percepiti come valorizzanti le proprie capacità, più si alza l’aspettativa di un futuro in cui realizzare le proprie ambizioni professionali.
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