“Io preferisco gli animali agli esseri umani”. Il ‘canista-gattista’è un tipo particolare di nuovo fanatico: ha sposato la versione aggiornata di una passione antichissima, che ha mostrato anche declinazioni stravaganti, sebbene giustificate dall’appartenenza a un ceto nobile. L’amore per i falchi ad esempio, che oggi sarebbe impossibile, non solo per la difficoltà a tenere un uccello così aggressivo in un appartamento, ma perché si rischierebbe di vedere decimata la prole, soprattutto quella infante.
Al giorno d’oggi il ‘canista-gattista’è soprattutto un possessore di un cane (i possessori dei gatti sono tutti vittime di un equivoco: sono i gatti a possedere loro…), di dimensioni e fogge variabili. Vengono trattati come figli, almeno all’apparenza: quando di piccola taglia sono anche tosati e pettinati in maniera stravagante.
Il ‘canista-gattista’ non solo opta per un cane come compagnia, ma riesce a imporlo anche agli altri. Perché vuole condividere l’amore che porta per il proprio ‘migliore amico’, sente che è giusto espandere questo sentimento di trasporto emotivo verso la fauna addomesticata. “Gli animali non tradiscono mai”, sostiene come fosse l’unica virtù al mondo. Quella della fedeltà assoluta a un tizio che ti tiene al guinzaglio, ti mena quando ne ha voglia e ti porta in giro solo quando devi cacare.
Quando incontra un conoscente, che magari si mette sulla difensiva trovandosi di fronte a un alano che pesa come George Foreman o a un rottweiler ghignante, non trova di meglio che sostenete, con il sorriso da venditore di polizze sulla vita, “non fa niente: è buono”. Invitando l’occasionale conoscente ad accarezzare l’enorme bestia.
Mentre il malcapitato tenta di avvicinare la mano tremante al dorso del cane gli tornano alla mente alcuni film con protagonisti branchi di lupi affamati e il consueto viandante sperduto, appropriatamente ferito, e l’immancabile cappuccetto rosso. Intanto il ‘canista-gattista’ enumera le qualità dell’animale da cui si fa portare in giro. Dall’armonia fisica alla sua assoluta lealtà, per finire con l’affetto che ha verso i bambini. Senza trascurare quanto mangia e soprattutto quanto caca al giorno. La quantità di escrementi che riesce a produrre giornalmente è un criterio importante nella scelta del cane: la cifra definisce anche il numero di volte che i padroni li debbono portare fuori casa a espletare il bisogno. Su questo punto si concentra uno dei malcontenti più diffusi: riguarda l’abitudine dei proprietari a permettere ai cani di defecare ovunque, preferibilmente nel mezzo dei marciapiedi.
Chi invece opta per il gatto compie una scelta più ambigua: gli piacciono gli animali, ma li vogliono indipendenti. Al gatto dedicano molto tempo: non essendo ormai più pratici di caccia ai topi, sono i padroni che procaccino ai gatti il pasto quotidiano, in genere pezzi di carne di prima qualità. Gli riservano un angolo confortevole della casa e si preoccupano ogni volta che il gatto resta lontano da casa per più di un’ora, quasi fosse un figlio adolescente. Il gatto in quei frangenti non fa altro che ritagliarsi un po’ di tempo libero: in genere per copulare, cosa che sarebbe impossibile nel tinello o sulla poltrona che sta di fronte alla televisione.
Il ‘canista-gattista’porta il cane o il gatto dal medico ogni volta che starnutisce. Si mostra preoccupato per la sua salute e per la qualità generale della vita dell’anomale. Al punto da imporre a volte drastiche soluzioni, come la castrazione: «ho dovuto, non c’era altra scelta». Se lo volessero fare a lui…
Il possesso di un cane o di un gatto comporta nel ‘canista-gattista’la crescita parallela d’un evidente disprezzo per il genere umano. Che non manca di sottolineare ogni qual volta i fatti si prestano a un paragone fra umanità e il resto del mondo animale: “I cani non lo farebbero mai questo”, riferendosi spesso a un’azione che, a parte le connotazioni etiche, prevede anche la presenza d’una mano con pollici contrapposti. Gli animali, si sa, non hanno morale: per questo copulano per strada senza pudore, anche tra soggetti dello stesso sesso. Così come non perpetrano violenze se non per seguire le propria natura o per ricavarne un vantaggio in merito alla sopravvivenza. Cosa che si potrebbe dire anche del genere umano, in fondo: solo che usa metodologie più complesse, così come lo sono le motivazioni. Ma il ‘canista-gattista’ non demorde: per lui l’umanità è a un passo dalla fine e l’unico esempio che potrebbe seguire per salvarsi dalla catastrofe è imitare gli animali. Come il suo cane, afferma orgoglioso, che in quello stesso momento è tutto intento a cagare in un’aiuola.
Tratto dal libro di Gianni Bessi e Paolo Pingani, Siamo tutti fanatici
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