Rivoluzione in genetica: un prelievo di sangue calcola il rischio di anomalie. Ma villo e amnio sono un’altra cosa

La translucenza nucale, ovvero l’ecografia parte integrante del b-test, potrà essere aggiunta all’esame sul Dna per ridurre il rischio di falsi negativi
Il test sul Dna circolante nel sangue materno si effettua a partire dalla decima settimana di gestazione

Non sostituisce la villocentesi, né l’amniocentesi. Ma il nuovo test al quale le gestanti, da circa un mese mezzo a questa parte, possono sottoporsi grazie ad un semplice prelievo di sangue per valutare il rischio di trisomie importanti, è un grandissimo passo in avanti in materia di diagnosi pre-natale. Ce ne parla Lamberto Camurri, genetista a capo di un’equipe che a Reggio Emilia, Modena e Parma si è prefisso l’obiettivo di vigilare sulla corretta informazione alle partorienti. Essendo d’importazione statunitense (l’importatore è un’azienda di Milano) il rischio è infatti che si possano dare alle donne in gravidanza notizie sbagliate e fuorvianti su vantaggi e limiti del nuovo esame.
Dottore, la notizia è passata un po’ in sordina o è un’impressione?
“La notizia è eclatante ma la stampa nazionale, attentissima nell’annunciare che dal Dna circolante nel sangue materno si sarebbe potuto nel giro di poco fare una valutazione del rischio di malattie cromosomiche del feto, si è persa l’inizio di questa avventura”.
Che arriva dopo anni e anni di ricerca…
“Negli ultimi quindici anni la tecnologia aveva non solo individuato la presenza del Dna ma messo a punto le metodiche di analisi. Il problema era il rischio di non risposta. Non sempre il test ci diceva qualcosa sulla salute del bambino. Ora quel rischio è del 1%”.
Quali sono le principali differenze tra il test sul Dna e gli esami più invasivi, come amnio e villo?
“Quello sul Dna è un test di altissima qualità ma è comunque probabilistico. Per questo non sostituisce amnio e villo ma solo il b-test, o test combinato. C’è un’elaborazione statistica che avviene grazie ad un algoritmo. Si individuano così il 50% delle anomalie cromosomiche che vengono registrate dalle metodiche più invasive: la trisomia 13, 18 e 21, per esempio. Non vengono intercettate quelle più rare”.
Con un’affidabilità alta?
“Sì, del 99,5% contro il 60% del test biochimico. In ogni caso si può aggiungere la translucenza nucale al test sul Dna, andando così a ridurre quel 3 per mille di rischio di falsi negativi, che sono il grande timore di noi genetisti”.
In che epoca gestazionale viene effettuato?
“Dalla decima settimana in poi, quando la donna vuole: il rischio che non ci sia Dna è a sufficienza è intorno al 1%. Ovviamente non bisogna aspettare troppo tempo solo perché così il Dna aumenta. Per avere i risultati servono quindici giorni. Se una donna effettua il test alla 12esima settimana, verosimilmente alla 14esima avrà in mano il risultato”.
Ad un prezzo ancora molto alto?
“Sì, il test si sta diffondendo geometricamente anche grazie ad un importante tam tam ma il costo dell’esame è di circa 700 euro, ai quali se ne aggiungono circa 150 per la consulenza e le spese amministrative. Sono fiducioso che nel giro di uno o due anni ci sarà una riduzione”.
Potrebbe diventare gratuito?
“Essendo un esame nuovo, il sistema sanitario nazionale ancora non lo contempla. Come Società di Genetica Umana stiamo cercando di introdurre delle indicazioni in base alle quali, nel momento in cui il test sul Dna dà un alto rischio di anomalie, il controllo con amniocentesi sia offerto come prestazione gratuita, come avviene con il b-test”.
State ricevendo molte richieste?
“Sì, nella zona di Parma, Reggio Emilia e Modena arrivano pazienti anche dal bolognese. Nel Veneto, dove c’è un altro punto gestito da colleghi che monitora sulla corretta informazione e sulla raccolta del consenso della paziente rispetto al test, arrivano dal Polesine e dalla Romagna. Proprio in Romagna vorremmo individuare una sede dove allargare questa azione”.

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