Donne straniere a scuola di social: alcune non hanno nemmeno la mail

foto (22) Alcune, prima di iniziare il corso, non avevano nemmeno la mail. Ora hanno aperto una casella e tempestano Linda Serra, la loro insegnante, di messaggi. Ci hanno preso subito gusto le donne straniere allieve della prima iniziativa di WorkWideWomen, una start up di Bologna al femminile che al centro Futura di San Giovanni in Persiceto sta insegnando alle donne ad usare i social.
Linda, eri emozionatissima in vista della prima lezione. Come è andata?
“Benissimo. Prima di iniziare avevo fatto dei colloqui con le donne, per capire le loro conoscenze. E mi ero resa conto che il livello era abbastanza basso: alcune erano senza mail, alte usavano la casella del marito. Nella prima lezione ho fatto creare a tutte un indirizzo di Gmail. Hanno imparato a scrivere e ricevere, a scaricare e aprire un allegato”.
Quante sono le partecipanti?
“Diciassette tra indiane, pakistane, marocchine, ucraine. Un bel panorama: le asiatiche si sono presentate a lezione con i loro abiti tradizionali colorati e i tatuaggi all’henné sulle mani. Davvero un bell’impatto”.
Qual è il motivo principale per cui le donne hanno deciso di imparare ad usare Facebook e compagnia?
“Il nostro modulo rientra in un percorso di inclusione per avere il punteggio per rimanere in Italia. Le donne seguono anche un corso di italiano e un corso di cucina. In ogni caso sono spinte dalla possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro, di poter mandare un curriculum. Ma anche di poter comunicare con i parenti che sono dall’altra parte del mondo”.
Per loro può essere davvero un modo per uscire dall’isolamento?
“Assolutamente sì, senza sarebbero tagliate fuori da tutto. Spesso, poi, i loro figli sono molto più digitali e per questo avvertono ancora di più il bisogno di capire. Al corso ho dovuto separare una mamma e sua figlia: la seconda faceva le cose al posto della prima. Una scenetta simpatica che la dice lunga sul divario che separa genitori e figli”.
Su quali social si concentra il corso?
“Google e i suoi strumenti, poi Facebook e Instagram, infine WhatsApp. Quanto a Facebook, non obbligo le donne ad aprire un loro profilo. Io insegno a crearlo, a gestirlo, a preoccuparsi della parte relativa alla privacy. Per il resto, sono libere di fare come credono. Fatto sta che nel 2014 questi strumenti servono a prendere parte alla conversazione globale. E noi che ci occupiamo di inclusione di genere, ci crediamo parecchio”.

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