Puoi stare anche dieci ore al computer a scrivere, scrivere, scrivere. Salvo accorgerti, quando si fa sera, che non hai fatto nulla di tangibile. Allora prendi tagliere e mattarello, uova e farina: impasti, stendi la sfoglia e voilà, la cena è pronta. Martina Liverani, 37 anni, giornalista e food writer (anche se non ama gli inglesismi), originaria di Brisighella ma residente a Faenza, chiude il cerchio così. Perché il cibo, la sua passione, non è solo qualcosa con cui riempirsi la pancia. Né, tantomeno, un tema di cui parlare e basta. Direttrice di Dispensa, il magazine che racconta il cibo come nessuno lo aveva mai fatto, è al momento impegnata nella stesura del suo prossimo libro. Di cui, per scaramanzia, non vuole raccontare nulla. Ma che sicuramente avrà al centro qualche esperienza gastronomica. Un po’ come “Dieci ottimi motivi per non cominciare una dieta” (Laurana Editore), che parla di come il cibo sia visto dalle donne come un nemico, quando invece farci amicizia equivale a mettersi in pace con se stesse e con gli altri. O “Manuale di cucina sentimentale” (Baldini&Castoldi), la storia di tre amiche diversissime (anche a tavola) che nel bel mezzo della precarietà esistenziale dei trent’anni capiscono come una delle cose più confortevole della vita sia, alla fine, una bella cena insieme. “Il cibo è il più antico dei social network – spiega Martina – perché basta una tavola apparecchiata e un po’ di gente intorno per innescare convivialità”. E vale anche in amore: “Siamo in grado di scartare un partner solo perché mangia il sushi con la forchetta. Lo dico con ironia in ‘Manuale’. Il cibo determina i rapporti umani più di quanto pensiamo. Scegliere un fidanzato anche in base ai suoi gusti culinari sembra un’assurdità ma è del tutto normale”.
Martina Liverani ha iniziato a occuparsi di cibo dieci anni fa, in tempi non sospetti: le trasmissioni dedicate alla cucina si contavano sulle dita di una mano, la tendenza a farsi un selfie con la torta appena sfornata per pubblicarlo su Facebook non era nemmeno immaginabile, la letteratura gastronomica non era certo così florida. “Il cibo è parecchio di moda, è innegabile – spiega la giornalista – ma allo stesso tempo credo sia sempre stato al centro delle preoccupazioni e degli interessi dell’uomo. Credo, in fondo, che ci sia ancora tanto bisogno di raccontarlo. Spero solo che tutto questo parlare serva a farci acquisire maggiore consapevolezza di ciò che mangiamo. Mangiare è un atto sociale importantissimo che impatta sul paesaggio, sull’economia, sul territorio”.
Con il tempo, Martina ha imparato a notare tutto quello che ruota intorno a una bistecca, un grappolo d’uva, a una bottiglia di vino: “Ci sono aspetti romantici e poetici ma anche economici. Quello che mangiamo è la punta dell’iceberg: dietro ci sono i produttori, i cuochi, il viaggio, la moda. A me interessano soprattutto le persone”. Come quelle che sabato 28 febbraio Martina incontrerà alla seconda edizione del corso di scrittura “Raccontare il Cibo” in programma alla Sartoria Gastronomica di Piazza Aldrovandi a Bologna. Un format che approderà nei mesi a venire anche a Firenze, Torino, Roma. Al suo fianco Enrico Vignoli, braccio destro dello chef Massimo Bottura: “Io spiegherò le regole. Lui racconterà come fare a trasgredirle”.
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