Negli asili di Trieste fa molto discutere una nuova sperimentazione con i bambini chiamata “gioco del Rispetto”. In realtà con il rispetto nei confronti dei bambini ha poco a che vedere, dal momento che vuole omologare menti e comportamenti di bambini e bambine indifferentemente dal loro sesso.
Ovviamente questo avviene per “nobili principi”, come uno sforzo “volto all’abbattimento di quegli stereotipi sociali che imprigionano maschi e femmine in ruoli che nulla hanno a che vedere con la loro natura”, come dichiarano gli inventori di questa cosa.
Tutto questo si lega a giochi in cui si fanno invertire i ruoli, con bambini che si “travestono” da bambine e viceversa. Sembra che anche in Francia vi siano esperimenti simili con il rossetto per i bambini e la simulazione di radersi la barba per le bambine. Ovviamente al centro vi è sempre una certa narrazione pruriginosa del sesso, travestita da contrasto ad un’idea pruriginosa del sesso.
Sembra che gli ideologi di questi metodi educativi abbiano in mente un’omologazione forzata delle nuove generazioni, che diventerebbero l’entità A e l’entità B, così come vi sarà il genitore A ed il genitore B. Tempi duri per le mamme! (e per i babbi).
Il vero rispetto dei bambini e delle bambine sarebbe invece prendere atto della più grande “scoperta” del post-femminismo e cioè la differenza di genere.
Maschi e femmine non sono la stessa cosa, né biologicamente, né psicologicamente ed il fatto che nella società attuale abbiano finalmente pari opportunità in tutti i campi non deve obbligare i bambini (futuri adulti….forse) alla perdita della propria identità, al rifiuto delle proprie inclinazioni e del proprio sentire.
I nostri bambini crescono in una società in cui già vedono l’astronauta Cristoforetti, la giornalista del telegiornale, la preside della scuola, la mamma che fa il giudice piuttosto che l’avvocato, o la zia commissario di polizia o dirigente dell’industria in cui lavora il babbo del loro amico e magari le sorelle maggiore all’università si laureano con un rapporto di 5 a 3 rispetto ai maschi. Insomma i bambini del 2015 non hanno bisogno di un indottrinamento su temi degli anni ’70 (allora anche giusti), ma avrebbero bisogno di essere stimolati a riconoscere la loro identità di maschio e femmina, la loro differente ricchezza e le diverse potenzialità che comporta il loro sesso.
Poter fare le stesse cose non significa non poterle fare in modo diverso, sia come approccio che come gestione; non significa neppure che si debbano mortificare le inclinazioni naturali, non riconoscendole o addirittura creando una specie di “scala gerarchica sociale” delle attività o del pensiero, per cui vi è la serie A e la serie B. La donna dovrebbe essere tirata fuori dalla serie B mortificando la propria natura e la propria essenza? Solo vestendo tutti la stessa casacca grigia si supererebbero le diseguaglianze di opportunità e sviluppo che ancora in parte esistono?
Io penso, invece, che la vera piena realizzazione di se possa avvenire solamente con il vestito migliore e che più valorizza ognuno di noi, bambino o bambina che sia.
In questo articolo ci sono 5 commenti
Commenti:
Trovo che sia un’opinione un pò reazionaria quella espressa in questo articolo. Con degli accenti retorico-populisti francamente fuori luogo, così come una certa visione catastrofista. Dubito seriamente che il giocare in quache occasione all’inversione dei ruoli possa minare minimamente l’identità di mio figlio. Sorrido al solo immaginare che una persona adulta ed equilibrata possa pensarlo seriamente. E’ evidente che nelle intenzioni di questo e altri giochi similari ci sia il desiderio di far vedere il mondo dal punto di vista dell’altro genere umano che condivide con noi il pianeta. Trovo che sia una cosa interessante e costruttiva. Ma mio figlio a prescindere dalla scuola e dagli insegnanti (e dai genitori!) che troverà nel suo percorso, formerà in maniera autonoma una propria identità. Quella che madre natura gli ha donato.
Poi nn condivido l’evidente antifemminismo che permea l’articolo, femminismo e antifemminismo sono parimenti due visioni parziali del tutto, e due forme di miopia. Una giustificata dagli eventi, l’altra francamente… meno. Bisognerebbe ricordarsi di citare che sì esistono avvocati giudici dirigenti donne, ma pure con quale frequenza s’incontrano. E ad un alieno risulterebbe arduo comprendere come malgrado 3 laureati su 5 siano donne… come mai 9 dirigenti su 10 nel privato sono uomini. E anche nel pubblico aspettiamo dal dopoguerra un presidente della repubblica o un primo ministro donne. Insomma la ns è una società che è ancora lontana da un effettiva parità di genere, nei diritti e nei doveri ed è bene che la formazione dei ns figli ne tenga conto. Ne tenga conto quando c’è da aiutare la ns compagna a fare le faccende di casa, ne tenga conto nei programmi di scuola.
Infine nn condivido il focus che propone questo articolo. Cioè che il problema centrale sia la tutela dell’identità di genere. Lo trovo un falso problema, un non-problema. Nostra responsabilità e auspicio dovrebbe essere quella di formare un ‘individuo sano’, aldilà delle proprie differenze di genere. Trasmettergli il valore delle regole utili a farlo bene inserire nella comunità degli esseri umani, ed aiutarlo a valorizzare le proprie potenzialità. A prescindere dal genere.
Penso che l’affermazione di un’identità di genere sia la più grande conquista del vero femminismo. Nella passata Unione Sovietica si facevano portare alle donne facchino sacchi di 50 chili in nome dell’uguaglianza comunista fra uomo e donna, ma i dirigenti erano ovviamente maschi. Tutte le società sono costruite sulla base del maschio ed il genere serve spesso per discriminare ed escludere.
Differenza di genere (lo spiego al vetero Sam che è rimasto agli anni ’70) significa che la società si struttura valorizzando le differenze ed assume perciò il concetto di uguaglianza non come omologazione ma come sviluppo della diversa personalità di ognuno/a. La patente di antifemminismo e di reazionario non è certo per me, ma per quelli come il povero Sam, che rimangono fermi a stereotipi propri dell’eredità marxista.
Forse ti ho toccato nel vivo considerata la risposta aggressiva.
Devi avere proprio un’ossessione per femministe e comunisti in genere, mi ricordi il povero Silvio. Ad ogni modo non ho alcuna nostalgia degli anni 70, che non ho mai vissuto realmente per limiti anagrafici nè mi spiace non averli vissuti considerato che in quei tempi i reazionari come te e i cosiddetti rivoluzionari si contrapponevano frontalmente e non c’era molto spazio per chi non s’identificasse nell’uno o nell’altro schieramento.
Peccato che hai occupato l’80% della tua risposta con quel rigurgito anticomunista e non nel – tentare di – rispondere alle argomentazioni che ti ho riccamente fornito.
Ma daltronde continui a discutere di valorizzazione di ‘genere’…. ma chissà perchè ciò nn mi stupisce.
Mi stupisce semmai che venga dato spazio in una comunità chiamata romagnamamma a chi dimostra di possedere così radicate idee sessiste.
“ne tenga conto quando c’è da aiutare la nostra compagna a fare le faccende di casa” (Sam)
uno che scrive così può solo pensare che le faccende di casa sono compito della compagna e che il compagno “illuminato”, bontà sua, può “dare una mano”.
invece di commentare su Romagnamamma, uno così dovrebbe vergognarsi e nascondersi.
fate attenzione agli articoli pieni di pettegolezzi e false informazioni.
il vero progetto Il Gioco del Rispetto è in questi siti spiegato:
-http://www.afnews.info/wordpress/2015/03/10/al-gioco-del-rispetto-ce-unitalia-che-si-squalifica-da-sola/
-https://abbattoimuri.wordpress.com/2015/03/12/trieste-le-bugie-sul-gioco-del-rispetto-e-la-risposta-delle-curatrici/
nessuno vuole manipolare i bambini, ma solo lasciarli liberi di giocare e pensare, senza influenzarli con stereotipi e altro.
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