Da settembre in Emilia-Romagna partirà un nuovo sistema di accoglienza diffusa tra i Comuni, rivolta ai minori stranieri che arrivano in Italia senza famiglia.
A proporlo è l’Associazione nazionale dei Comuni italiani dell’Emilia-Romagna che ha vinto un bando del ministero dell’Interno, finanziato dal Fondo asilo, migrazione e integrazione dell’Unione Europea, volto a qualificare il sistema di prima accoglienza dei richiedenti asilo minorenni che giungono nel nostro paese via mare e via terra, o che vengono rintracciati nel territorio.
“È un esempio positivo di come le politiche legate all’immigrazione siano possibili solo con un coordinamento istituzionale integrato – dichiara Chiara Sapigni, responsabile del Coordinamento politico sull’immigrazione di ANCI Emilia-Romagna -. La scelta di ANCI Emilia-Romagna è stata quella di esserci, come autori di un’accoglienza – minori stranieri non accompagnati – che vuole essere una risposta concreta all’esigenza presente sul territorio nazionale per la quale l’Emilia-Romagna vuole fare la sua parte. Il progetto è arrivato terzo su 46. Questo dato comunica in maniera chiara come le candidature non vengano approvate solo perché c’è bisogno, ma si valuta ciò che ha un valore. Siamo quindi orgogliosi di aver avuto la possibilità di realizzare un progetto di qualità in cui la comunità non è sullo sfondo, ma partecipa attivamente attraverso i Comuni che si sono resi disponibili per l’accoglienza”.
Il progetto prevede l’accoglienza di 50 minori stranieri non accompagnati, per un periodo massimo di 60 giorni.
Verranno ospitati 20 ragazzi a Ravenna e 30 a Budrio, in provincia di Bologna, secondo il principio dell’accoglienza diffusa, che punta a distribuire i posti per assicurare un impatto sostenibile e programmato sui Comuni e sui territori di accoglienza, quali condizioni per una migliore integrazione con le comunità locali.
A gestire il progetto saranno due cooperative: Persone in Movimento e Camelot, entrambe con un’esperienza pluriennale nella progettazione e gestione dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, sia minori che adulti.
Ai ragazzi verranno garantiti assistenza legale e sanitaria, vitto, alloggio e servizi di mediazione culturale per facilitare una comunicazione condivisa. Verranno inoltre coinvolti in attività di insegnamento della lingua italiana e mediazione culturale, nella frequentazione di strutture e associazioni del territorio, e in azioni finalizzate ad individuare, in accordo con il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati del ministero dell’Interno, progetti di seconda accoglienza adatti alle loro caratteristiche personali, e in cui potranno proseguire l’accoglienza e il percorso di autonomia e integrazione fino alla maggiore età. Il progetto si concluderà il 27 marzo 2019.
I minori accolti a Ravenna saranno suddivisi in due strutture da 8 e 12 posti, che si trovano nel centro urbano.
“Per Ravenna – spiega l’assessora Valentina Morigi, con delega a Servizi sociali e Immigrazione – questa è la prima esperienza relativa a un progetto di prima accoglienza di minori stranieri non accompagnati che si inserisce in un piano nazionale finalizzato a creare un unico sistema di accoglienza. Ma sul tema dell’assistenza a bambini e ragazzi stranieri che arrivano nel nostro Paese senza famiglia né supporto alcuno e anche su quello della protezione per richiedenti asilo e rifugiati siamo al lavoro da molto tempo e con risultati a mio parere molto positivi. Nell’ambito dei progetti di seconda accoglienza, che riguardano la presa in carico di questi bambini e ragazzi fino a quando diventano maggiorenni, a Ravenna nel 2015 sono stati accolti 115 minori. Al momento in città ce ne sono 45 e dall’inizio dell’anno ne abbiamo avuti 70. Per quanto riguarda l’intera provincia, gli ultimi dati del ministero del Lavoro e delle politiche sociali, indicano che Ravenna, al 31 maggio 2016, è la seconda provincia dell’Emilia Romagna per minori accolti, con 159 minori. Per quanto invece riguarda la protezione per richiedenti asilo e rifugiati siamo stati una delle prime realtà, dal 2001, prima con il Piano nazionale asilo e poi nell’ambito del progetto Sprar, a pensare e costruire un modello di accoglienza intesa soprattutto come integrazione. Abbiamo lavorato e lavoriamo fianco a fianco con i soggetti gestori, con i quali abbiamo impostato un sistema di accoglienza che prevede la presenza di operatori specializzati, incaricati di seguire le 78 persone che in virtù del nostro progetto è possibile accogliere, dal punto di vista della tutela legale, del supporto psicologico, dell’apprendimento della lingua, dell’inserimento nel mondo del lavoro e dell’integrazione con la cittadinanza. Quest’anno è stato avviato anche un progetto Sprar per 6 minori richiedenti asilo”.
Nel Comune di Budrio l’ospitalità dei 30 ragazzi avverrà in una zona rurale della frazione di Vedrana, a Palazzo Salina-Aria, struttura di proprietà dell’Associazione Famiglie Cerebrolesi, destinata all’accoglienza di persone svantaggiate.
Questo nuovo hub diffuso, si affianca a quello già esistente a Bologna, che ospita 50 minori, 47 ragazzi e 3 ragazze, in tre strutture, due maschili e una femminile, la cui gestione è da poco stata riassegnata – tramite la vincita di un bando del Ministero dell’Interno, finanziato dal Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione dell’Unione Europea – al Comune di Bologna, in partenariato con le cooperative CEIS, Csapsa Due, Dolce, Open Group e Camelot.
Uno studio sul primo anno di accoglienza rivela che dal 20 marzo 2015 al 22 febbraio 2016, periodo di riferimento del progetto “Hub accoglienza minori stranieri non accompagnati Emilia – Romagna” del Comune di Bologna finanziato dal Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione dell’Unione Europea, sono transitati 163 ragazzi, 154 maschi e 9 femmine, provenienti in prevalenza da Gambia, Ghana e Nigeria. Hanno in media 16 anni, la maggior parte di loro è scolarizzata. Sono arrivati quasi tutti via mare, affrontando viaggi complessi attraverso l’Africa e l’Asia, spesso da soli, impiegando da alcuni mesi ad oltre 4 anni per arrivare in Italia. 81 minori sono stati imprigionati in Libia, alcuni ad opera della polizia, altri per mano di trafficanti e banditi. Per alcuni di loro, in particolare per le ragazze, durante l’accoglienza nell’hub si è resa necessaria l’assistenza psicologica.
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