Perdere i nonni e le persone care. I bambini (e i grandi) di fronte al lutto

Negazione, rabbia, depressione e accettazione sono queste le fasi attraverso le quali si passa per elaborare la perdita di una persona cara. “L’elaborazione del lutto – ci spiega Claudia Melandri, psicologa-psicoterapeuta specializzata in elaborazione del lutto naturale e traumatico, che lavora anche a domicilio con malati oncologici terminali e con le loro famiglie – si ha quando si riesce a interiorizzare la persona perduta, quando cioè se ne può parlare e riviverla attraverso i ricordi, senza stare male”.

Riuscire a staccarsi da chi non c’è più, ma senza dimenticarlo o far finta di niente e avere la voglia di andare avanti nella propria vita sono obiettivi fondamentali da raggiungere per chiunque abbia perso un familiare o un amico. Il Centro per le Famiglie di Faenza (via degli Insorti, 2) offre proprio un servizio psicosociale di questo tipo, rivolto ad adulti e minori che stanno affrontando un lutto. Al servizio, gestito dalla dottoressa Melandri, si può accedere previo pagamento di una quota associativa di 40 euro all’associazione “Rivivere”, organizzatrice dell’omonimo progetto. L’intervento proposto si articola in sette colloqui psicologici individuali della durata di 50 minuti ciascuno.
Dottoressa, come si elabora un lutto?
“Per gestire e superare un lutto bisogna utilizzare tutte le risorse che si hanno a disposizione. Riuscire a parlarne e a ricordare la persona amata è sicuramente molto importante, ma anche poter contare su dei supporti esterni, come una famiglia, degli amici, un lavoro e degli hobby, è di grande aiuto nell’accettazione della perdita”.
Ci sono delle perdite che fanno più male di altre?
“Dipende molto dalle caratteristiche di personalità di chi resta e dal ruolo che la persona amata aveva nella sua vita. Ad esempio, per alcuni bambini la perdita dei nonni può diventare un trauma enorme, specie per quelli che si trovano a trascorrere tanto tempo con loro mentre i genitori sono al lavoro. Ma i bambini hanno comunque più risorse degli adulti, hanno tutta la vita davanti e spesso più persone accanto pronte a sostenerli e ad aiutarli. Invece per un uomo o una donna che hanno vissuto 20 o 30 anni con il coniuge, la ripresa può risultare molto difficile.  Nel corso della mia esperienza in questo ambito, si sono rivolti a me degli uomini che non avevano ancora elaborato la scomparsa della mamma avvenuta tanti anni prima, o adulti che avevano vissuto la morte di un genitore in maniera straziante perché, non essendosi creati una propria famiglia, la relazione con i loro genitori era centrale nelle loro vite. Forse più di tutte però la situazione in assoluto più dolorosa è quella di un genitore che perde un figlio piccolo”.
Quanto ci vuole per elaborare un lutto?
“Quando si perde qualcuno, la prima reazione è di negazione, chi rimane si dice ‘non è possibile, non è successo nulla’. Poi si ha una reazione di rabbia verso tutto e tutti. Questa fase è seguita dal patteggiamento, è il momento in cui si comincia a fare i conti con la realtà, a prenderne atto e di solito poi subentra un periodo di depressione. Infine si giunge all’accettazione, quando si ricomincia a vivere custodendo dentro di sé il ricordo della persona cara. Questo è un percorso obbligato che si dispiega in un periodo di tempo che va dai sei ai nove mesi circa. Purtroppo ci sono delle persone, circa il 10% dei casi, che non lo supereranno mai”.
Cosa accade se non si riesce ad accettare la perdita?
“Chi non riesce ad accettare il lutto va incontro a complicanze di tipo psicologico. Si tendono a sviluppare dei sintomi legati alla depressione e all’ansia, incubi ricorrenti o difficoltà a dormire, manifestazioni di disagio che di solito possono essere trattate attraverso un intervento farmacologico”.
Il lutto è differente se la morte è stata naturale o traumatica?
“Si tratta di due situazioni estremamente diverse. Quando la persona viene a mancare per cause naturali, come vecchiaia o malattia, si è un pochino più pronti. Quando invece la causa della morte è violenta, come nel caso di incidente o suicidio, chi ha subito la perdita si trova a vivere una situazione straziante e spossante che gli è caduta addosso all’improvviso. Molte persone raccontano di quella telefonata arrivata in piena notte, nella quale gli è stata annunciata la morte della moglie o di un figlio. Di fronte a una morte traumatica il processo di elaborazione del lutto è più complesso e faticoso, ma se ne può comunque uscire”.
Quale sarà il suo ruolo, dottoressa, in questi sette incontri?
“Molte persone che si rivolgono a me vengono con il bisogno di parlare e di essere ascoltate. Spesso hanno il desiderio di raccontare della persona che non c’è più, di ricordare i suoi gusti, le esperienze che hanno vissuto insieme. Il mio ruolo è quello di ascoltare, di accogliere il ricordo e di agevolarlo attraverso delle domande. Molte persone lamentano il fatto che è difficile parlare con gli amici o con i parenti della morte e della sofferenza legata alla perdita. La morte è uno dei pochi tabù rimasti nella nostra società e sembra che questa ci indichi un “tempo sociale” entro il quale gestirla. Al lavoro, ad esempio, ti danno due o tre giorni, quelli che servono per il funerale, e poi si deve rientrare e continuare a vivere una vita normale”.

Per info 0546 -691816 oppure centro.famiglie@comune.faenza.ra.it

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