Figli adottivi sui social a caccia dei genitori biologici. L’esperto: “Una questione da affrontare subito”

affido, adozioneI social network bypassano la legge, anche in materia di adozione. Capita, infatti, che per i figli adottivi – magari durante l’adolescenza – arrivi un momento nel quale l’esigenza di sapere da dove vengono e chi siano i loro genitori biologici si faccia forte e pressante. E con Facebook e compagnia, oggi, è tutto più facile. Ma i contraccolpi possono esserlo meno. Ne parlerà questa sera a Faenza (ore 20.45, Faventia Sales, via S. Giovanni Bosco 1) Marco Chistolini, psicologo e psicoterapeuta, consulente e responsabile scientifico di CIAI. L’incontro s’intitola “Alla ricerca delle proprie origini”.
Il fatto di voler conoscere la propria famiglia d’origine è sintomatico del fatto che la storia adottiva non è stata felice?
“No, non lo è. Sia tra i figli che lo fanno, che tra quelli che non lo fanno, ci sono adozioni riuscite e non. Le ricerche ci dicono solo che chi va a caccia di informazioni sulla propria storia sta un po’ peggio rispetto a chi evita. Ma non si tratta di un indicatore schiacciante. Molto, infatti, dipende dai casi: essere adottati a un anno piuttosto che a otto anni fa la differenza. Senza contare che nelle persone c’è un insito bisogno di sapere da dove si viene. Fattore che può pesare più o meno”.
I genitori adottivi sono spaventati dall’idea che i propri figli, un giorno, possano andare a cercare le persone che li hanno messi al mondo?
“Sono preoccupati per due ragioni. La prima è oggettiva: confrontarsi con chi non si conosce mette ansia, senza contare le paure riguardo le destabilizzazione che il figlio potrebbe vivere. La seconda riguarda la cultura che in questi anni, in Italia, ha accompagnato il fenomeno adottivo: viviamo nell’idea che di mamma ce ne sia una sola, nella convinzione che la famiglia adottiva escluda totalmente quella naturale. Siamo cresciuti con la mentalità secondo la quale, per essere adottato, un bambino dev’essere stato abbandonato e dev’essere quindi privo di famiglia. Da psicologo dico che possono esistere forme felici di parziale convivenza tra i due tipi di famiglia, l’ho visto nella mia esperienza. Chiaro, bisogna sapere gestire i passaggi, le relazioni nuove, non andare in crisi”.
La legge, però, che cosa dice a proposito del diritto, per i figli adottivi, di avere informazioni sulla propria famiglia biologica?
“Prima di 25 anni, salvo casi eccezionali, non si può richiedere al tribunale di conoscere il proprio fascicolo adottivo e quindi l’identità dei propri genitori. Un paletto superato, però, da Internet: ho assistito a casi nei quali i figli hanno preso contatto con i propri genitori naturali anche in Nepal, India, Colombia. Casi tutto sommato andati a buon fine, a parte qualche eccezione: un padre biologico che aveva chiesto soldi al figlio adottivo, un ragazzo contattato da persone che si spacciavano come la sua famiglia d’origine”.
I genitori, durante i percorsi di preparazione all’adozione, andrebbero informati di più su questa nuova frontiera dei social?
“Da anni si lavora sulla gestione psicologica del figlio adottivo, sul suo bisogno di sapere, sul fatto che porrà prima o poi domande sulla propria storia. Ma secondo me i genitori adottivi non vengono resi abbastanza consapevoli del fatto che, un giorno, il figlio potrebbe ricevere una mail nella quale gli si chiede se vuole incontrare e conoscere la donna che l’ha partorito: è necessario sapere che si tratta di una possibilità concreta e reale. Credo che, su questo aspetto, ci sia ancora molto da lavorare”.

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