L’adolescenza, per mia fortuna, non so ancora cosa sia. Non ho alcun ricordo della mia ad aiutarmi. E di leggere libri sul tema per arrivarci preparata, non ne ho nessunissima intenzione. Per ora.
Ma da qualche tempo, ho come il sentore che in casa mia si stia insediando la fase precedente, la pre-adolescenza. Claudia De Lillo, in arte Elasti, durante una chiacchierata sul suo ultimo libro l’ha definita come qualcosa di molto peggiore. Perché l’adolescenza te l’aspetti ma la pre-adolescenza proprio no.
Stamattina, dopo essersi preparata per andare a scuola, la ragazza che ho partorito quasi nove anni fa si è guardata allo specchio: “Che schifo di capelli”. Ora, sfido chiunque a credere che possano stare male dei capelli quasi rasati ma, in effetti, un minuscolo ciuffo ribelle si innalzava dal retro della testa. Si sa, i capelli crescono. E calandomi nei suoi panni, posso anche pensare che quella ciocca l’abbia turbata un po’.
Il punto, però, è un altro. Perché nello sbraitare che è seguito all’auto-ossevazione allo specchio, non è che lei abbia armeggiato con spazzole, pettini o gel. No, tutt’altro. Nel suo imprecare contro se stessa, me, gli oggetti inanimati della casa e il mondo intero, si è tolta i pantaloni.
“Ora me li cambio, non mi piacciono!”.
“E cosa c’entrano con i capelli? Che colpa hanno i tuoi splendidi pantaloni rossi della ribellione dei tuoi capelli a zero?”.
“C’entrano eccome. Fanno schifo anche loro! Mi stanno male, sono troppo larghi e troppo corti”.
Deglutendo il nervoso che mi stava salendo, ho chiuso la porta della stanza, lasciando la PA (la pre-adolescente, appunto) nella sua stanza a macerare nel suo brodo.
Quando, dopo qualche minuto, sono tornata, aveva addosso gli stessi pantaloni rossi che poco prima si era tolta e che aveva lanciato a mo’ di palla nell’armadio, tutta stizzita.
“E quindi?”.
“E quindi me li sono rimessi”.
“E i capelli?”
“Li ho schiacciati con le mani”.
Ma il bello è che la sua faccia aveva subito una metamorfosi: da concentrato di rabbia a visino sorridente e spensierato. In quel momento ho pensato: “Bene, ho sognato: è ancora una bambina”. E ho iniziato a sghignazzare divertita, cosa che tra l’altro ha fatto pure lei.
Ma oggi, all’uscita da scuola, mi aspetto la stessa reazione di ieri:
“Ciao mamma, dove andiamo oggi?”
“A prendere un gelato in centro con tuo fratello. Poi al parco. Una cosa rapida, visto che poi hai allenamento”.
“Che schifo di programma: è la giornata più brutta della mia vita”.
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