C’è un bambino di 830 grammi, c’è un “ciao amore, ci vediamo stasera” rivolto al suo fratellino che non verrà rispettato, c’è una mamma che se allora si considerava un po’ viziata e con la vita in discesa, oggi è forse un’altra donna.
Quella mamma è Giuliana Arena, che questa sera alle 19, al Centro Congressi SGR di Rimini (via Chiabrera 34/b), grazie all’associazione “La prima coccola” presenterà “Il nido di vetro. Una piccola storia d’amore” (Edizioni San Paolo) insieme a Gina Ancora, primario della Terapia Intensiva Neonatale dell’Infermi. Perché è proprio di prematurità e bambini arrivati troppo presto che narra il libro, toccante quanto può essere il racconto di una vita appesa a un filo, in costante sfida con le complicazioni e la morte.
Matteo, che oggi ha quasi otto anni ed è il protagonista della storia, questa sera non ci sarà: “Mi rende triste”, ha detto a sua madre durante la presentazione a Milano. Ma per Giuliana ripercorrere quella tristezza è stato fondamentale: “Nel libro non mi sono risparmiata sulle emozioni. Il risultato della nostra storia, dolorosa e difficile, alla fine è un’immensa gratitudine. Perché ce l’abbiamo fatta. Matteo oggi ha una cicatrice sulla pancia e la voce bassa a causa, forse, dei sondini. Ma sono davvero dettagli di poco conto”.
E se per Giuliana la scrittura è stata senza dubbio terapeutica, è anche vero che il libro resterà come testimonianza e occasione di condivisione: “Il mondo della prematurità è una dimensione parallela, dove succedono cose che difficilmente, fuori, si possono capire. Si creano legami fortissimi, là dentro. Ma all’esterno, anche tra le persone considerate più vicine, trovare empatia e comprensione è tutto fuorché facile. Anche alcune mie amiche si sono rese conto di quel che ho passato solo dopo avere letto il libro. Averlo scritto, in questo senso, è anche la risposta alla rabbia”.
Quando ripensa, oggi, alla prima volta che ha visto il suo secondo figlio, Giuliana ricorda bene la titubanza e la paura: “Non è carino dirlo ma me lo immaginavo brutto, deforme. Invece no: era bellissimo, solo che era in miniatura. Il calvario che è seguito alla sua nascita è davvero qualcosa di terribile. Ma non saremmo gli stessi, oggi, se non fossimo passati di lì. Ce la saremmo volentieri risparmiata ma per noi resta un’esperienza di vita fondamentale”. Con impatti, ovviamente, di non poco conto sugli equilibri familiari: “Ancora oggi vivo il dispiacere e il senso di colpa per essermi persa un pezzo dell’infanzia del mio primo figlio, che oggi ha undici anni. Con mio marito, nonostante periodi di grande distanza, è andata bene. Ognuno vive il dolore a modo suo, ognuno lo attraversa e lo elabora a modo suo. Ma siamo riusciti a restare uniti, alla fine. Quanto a me, sono diventata una donna che apprezza le piccole cose. Vedere mio figlio la sera che dorme è già molto, per me che l’ho visto quasi morire. Vorrei solo essere meno apprensiva, non immaginarlo sempre sotto la campana di vetro. Ci devo ancora lavorare”.
Qui il blog di Giuliana Arena
https://www.mammeamilano.com
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