«Ho chiesto che le quattro ore previste per le videochiamate venissero tramutate in ore domiciliari, in presenza. Sono stata accontentata per la metà: me ne hanno date due in più ma mi hanno tolto le restanti due di collegamento. Mi è sembrato un contentino».
Giovanna Capasso vive a Ravenna ed è mamma di tre bambini di un anno e mezzo, cinque e sei anni e mezzo. Il più grande, che ha una disabilità, frequentava l’anno di prolungamento alla scuola dell’infanzia prima della chiusura di febbraio: «Per oltre due mesi ho dovuto fare a meno della sua educatrice, che stava facendo un percorso di preparazione alla scuola primaria. Poi, attivandomi con il Comune e la cooperativa sociale, ho ottenuto che mio figlio potesse essere seguito per otto ore alla settimana: metà qui a casa e metà al computer. Tengo a precisare che, a scuola, le ore settimanali erano 25, dunque per tutti noi è stata una rinuncia importante. Senza contare che, per un bambino come figlio, la videochiamata non consente di lavorare sugli aspetti centrali per la sua crescita e la sua autonomia: quello che si fa, al massimo, è ascoltare qualche canzoncina».
Per quanto Giovanna non voglia far leva sulle difficoltà che, con le scuole chiuse, si vivono a dover gestire tre figli, il sovraccarico che si è trovata a gestire l’ha costretta a cercare una baby sitter: «Una persona speciale, molto in gamba e flessibile in termini di orari e disponibilità. Ma che ovviamente devo pagare di tasca mia. E non sono meno di quaranta/cinquanta euro al giorno. All’educatrice di mio figlio è stato chiesto di utilizzare le due ore che le sono state tolte per la preparazione del lavoro e dei materiali. Ma davvero, giochi e strumentazioni sono a casa mia e non c’è molto da fare se non stare con lui e seguirlo. In questi tre mesi ho notato grandi cambiamenti. Per un bimbo con difficoltà perdere i propri punti di riferimenti è una tragedia. Io, intanto, sono ancora in congedo, sperando in un part-time al rientro, visto che questa situazione si protrarrà fino a non si sa bene quando. Avevo sperato nella riapertura a giugno, come era stato annunciato, per questo avevo stretto i denti nell’attesa. Invece, anche da questo punto di vista, il nulla».
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