Nome del padre, nome della madre. Numero di cellulare del padre, numero di cellulare della madre. Le classiche diciture riportate sui moduli di iscrizione al nido o alla scuola dell’infanzia sono ancora attuali? La domanda sorge spontanea dopo i fatti di Padova, dove all’ospedale hanno deciso di sostituire la parola “padre” con “partner” sui braccialetti che vengono consegnati al “secondo genitore” nel reparto di Ostetricia. La misura, decisa per togliere dall’imbarazzo eventuali genitori omosessuali, è a dir poco innovativa. E i Comuni della Romagna, come si comportano con il linguaggio? Siamo andati a leggere la modulistica dei servizi per l’infanzia. L’amministrazione più innovativa è senza dubbio quella di Cesena, dove si parla di “dati del genitore richiedente” e “dati dell’altro genitore”, senza riferimento alcuno al sesso. Cesena, del resto, già dal 2008 ha istituito un registro delle unioni civili che permette alle coppie cosiddette di fatto di avere una sorta di attestato. Un atto che ovviamente non ha nessuna valenza legale in assenza di una legislazione nazionale in materia. Ma che conserva comunque un valore simbolico. Anche Ravenna, a dire il vero, già da quattro anni ha istituito un registro simile in seguito ad una petizione firmata da oltre 2mila cittadini. Nonostante ciò, il linguaggio della modulistica non è ancora stato cambiato: le parole “padre” e “madre” caratterizzano ancora le procedure per l’iscrizione ai servizi. Idem a Forlì e Rimini: nel primo caso si parla di “mamma” e “babbo”, nel secondo dei più tradizionali “madre” e “padre”. Stessi termini per il Comune di Imola. In fondo anche nel capoluogo Bologna le cose non sono ancora cambiate. Nell’atto di iscrizione a nidi e materne, si chiedono informazioni sul “padre” e sulla “madre”.
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