Stava ascoltando la radio, Alessandra Serafini, quando un anno fa ha sentito un’intervista ad Arabelle Carter-Johnson, una fotografa inglese che nel libro “Una bambina di nome Iris Grace” (TEA) racconta la storia di sua figlia, della scoperta dell’autismo ma soprattutto del talento artistico della bambina, che attraverso la pittura e la presenza costante della gatta Thula ha trovato il suo canale espressivo per uscire dall’isolamento.
Dopo essersi emozionata e aver letto il libro, Alessandra – che abita a Ravenna e che ha due figli di cinque e otto anni – ha avuto l’idea di riproporre la storia di Iris ai bambini della sua città, portandoli a tirar fuori le loro emozioni attraverso il colore: “Ho iniziato così a organizzare dei laboratori di pittura dedicati sia ai piccoli tra i quattro e i cinque anni che ai più grandi – racconta Alessandra – raccontando loro, in poche e semplici parole, di una bambina inglese che non può parlare, che ha un legame speciale con una gatta, che ama molto dipingere, che ha una madre che la vuole aiutare a rinascere. L’obiettivo è che i partecipanti entrino in comunicazione con questa storia, che la ‘sentano’, che avvertano la vicinanza del ‘diverso’“.
Sono i bambini, poi, a scegliere i colori con i quali vogliono fare largo alla creatività e interpretare il racconto di Alessandra: “Anche Iris, che non sa parlare, è solita indicare alla madre i colori con i quali vuole dipingere. Replicare quella modalità, sebbene sul piano verbale, mi serve a ricondurre il nostro laboratorio a lei, dalla quale questa esperienza nasce e senza la quale forse non sarebbe esistita”.
Durante i laboratori, che sono già stati replicati diverse volte e che verranno riproposti anche nei mesi a venire, sono nate opere meravigliose: “Ogni volta mi incanto nel vedere quello che i bambini tirano fuori, come si esprimono e cosa creano”. La mamma di Iris è stata contattata dopo ogni esperienza e ha espresso tutta la sua commozione: “L’ultima volta mi ha scritto che i colori dei bambini di Ravenna le hanno scaldato il cuore. Mi piacerebbe davvero se un giorno la sua famiglia potesse visitare la città, che in fatto di arte e colori ha molto da dire, e magari raccontare questa storia incredibile”.
Intanto Alessandra, sull’onda emotiva dei laboratori che ha allestito, ha un sogno: “Entrare nelle scuole, coinvolgere anche i bambini con disabilità, lavorare a contatto con le insegnanti. Io non sono nessuno: mi sono solo diplomata in una scuola a indirizzo artistico a Bologna e ho frequentato per un anno l’Accademia di belle arti. Però ho avuto un’idea e ci ho creduto. Il resto lo fanno i bambini”. Tra i progetti c’è anche quello di una mostra finale che racconti il percorso fatto e nella quale tutte le opere dei bambini convoglino in un’opera unica.
Per il momento, Alessandra sta preparando i materiali per il prossimo laboratorio: “Cerco sempre di stimolare l’utilizzo di tecniche diverse, così come in primavera proverò a organizzare tutto all’aria aperta, con un altro rimando a Iris, che vive sulle colline del Leicestershire, in mezzo a una natura splendida e di grande ispirazione”.
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